Dimissioni e Preavviso: Chi Paga se il Datore Vuole Liberare Subito il Dipendente?
Una storia vera che chiarisce un dubbio frequente tra gli imprenditori.
Il caso: “Non voglio che venga più domani, posso?”
Un imprenditore chiama il suo consulente del lavoro dopo che un dipendente ha presentato le dimissioni, rispettando i due mesi di preavviso previsti. Il datore però non vuole che il lavoratore continui a presentarsi in azienda: “Lo posso esonerare da subito?”, chiede. La risposta è sì: il datore può rinunciare al preavviso e dire al dipendente di non lavorare più dal giorno dopo.
Fin qui tutto bene. Ma due giorni dopo, l’imprenditore riceve una lettera da un avvocato: il lavoratore chiede l’indennità sostitutiva del preavviso. L’imprenditore torna dal consulente: “Ma non mi avevi detto che potevo esonerarlo senza pagare nulla?”.
Ecco dove nasce l’equivoco e perché è importante sapere cosa dice la legge (e il contratto collettivo).
Cos’è il preavviso nelle dimissioni?
Il preavviso è un periodo stabilito per legge e dal contratto collettivo, durante il quale chi recede (in questo caso il dipendente) continua a lavorare, dando tempo alla controparte (l’azienda) di organizzarsi.
Se il lavoratore non rispetta il preavviso, deve pagare un’indennità pari alla retribuzione che avrebbe percepito durante quel periodo. Ma quando il preavviso viene rispettato – come nel nostro caso – il lavoratore si impegna a rimanere fino alla fine del periodo previsto.
Il datore può rinunciare al preavviso? Sì, ma attenzione alle conseguenze
Nel caso in cui sia il lavoratore a dare le dimissioni, il preavviso è un obbligo per lui e un diritto per l’imprenditore.
E come ogni diritto, il datore può anche decidere di rinunciarvi. In pratica, può dire al dipendente: “Va bene, non serve che lavori durante il preavviso, puoi andare via subito”. Ma questa scelta non comporta alcun obbligo di pagare l’indennità sostitutiva al lavoratore.
Perché? Perché le obbligazioni – cioè i doveri giuridici – nascono solo da tre fonti:
- La legge,
- Il contratto,
- Un fatto illecito.
Rinunciare a un proprio diritto non può mai generare un’obbligazione. Quindi, in linea generale, se l’imprenditore decide di non far lavorare il dipendente durante il preavviso, non deve pagargli nulla.
Ma ci sono eccezioni: occhio ai contratti collettivi!
Alcuni Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) prevedono espressamente che, in caso di esonero dal preavviso da parte del datore, l’indennità sostitutiva spetti comunque al dipendente, anche se è stato lui a dare le dimissioni.
Tra i contratti che prevedono questa regola ci sono:
- CCNL Commercio – Terziario e Servizi (firmato da CGIL, CISL, UIL),
- CCNL Farmacie,
- CCNL Studi Professionali.
Se applichi uno di questi contratti, sei obbligato a pagare l’indennità sostitutiva, anche se sei tu a voler esonerare il dipendente dal lavorare durante il preavviso.
Come evitare equivoci: inserisci una clausola nei contratti individuali
Se il tuo contratto collettivo non prevede obblighi specifici, ti consigliamo comunque di tutelarti inserendo una clausola nel contratto individuale di lavoro. Questa clausola deve specificare chiaramente che il datore può esonerare il dipendente dimissionario dal lavorare durante il preavviso, senza alcuna indennità a suo carico.
Per aiutarti, abbiamo preparato un fac-simile gratuito della clausola da inserire nei tuoi modelli di contratto. Puoi scaricarlo cliccando nel link qui sotto.
👉 Scarica la clausola tipo per l’esonero dal preavviso
In conclusione
- Il preavviso è un diritto del datore e un dovere del lavoratore.
- Il datore può rinunciare al preavviso senza dover pagare l’indennità.
- Ma se il contratto collettivo lo prevede, l’indennità va pagata anche se il lavoratore è stato esonerato.
- Per evitare problemi, verifica sempre il tuo CCNL e inserisci una clausola chiara nel contratto individuale.
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